VENERDI' DI PASSIONE - Accensione della "fanoja"

Il Venerdì di Passione, giorno consacrato alla Madonna Addolorata, nella mattinata c’erano diverse S. Messe lette (cosiddette piane). Nel pomeriggio la Confraternita dei Sette Dolori accoglieva i novizi i quali, in quell’occasione, indossavano per la prima volta la “divisa” e si svolgeva una lunga cerimonia liturgica che iniziava con la Via Matris o il Rosario dell’Addolorata; infine il sacerdote elevava il SS. Sacramento, facendo una breve processione nella chiesa, usciva da una delle porte d’ingresso e rientrava dall’altra. In contemporanea i fedeli intonavano il Te Deum. Mentre in chiesa procedevano queste funzioni, in prossimità del sagrato veniva allestita la fanoja che poi veniva accesa.
Ancora adesso si svolge la Messa solenne e i vespri cantati, la sera del Giovedì di Passione c’è la vestizione dei nuovi iscritti e la benedizione delle vestitine delle bambine che per devozione si vestono come la Madonna.
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LA FANOJA
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A San Marco in Lamis, è da tempo immemorabile che sia davanti alle chiese ove era festeggiato il santo, sia in quasi tutte le strade o crocicchi si accendevano le fanoje con l’intento pratico di fare festa cantando, ballando, mangiando, pregando, riscaldandosi e stando insieme. Il fuoco scaldava e invitava a socializzare e fino a qualche decennio fa le ceneri residuali si portavano in casa per augurare salute e venivano sparse nei campi per propiziare fertilità. Molti ricordano i vari strumenti musicali che si suonavano, i balli che si facevano, le patate abbelate (fatte cuocere sotto la cenere calda), gli amori che si “accendevano” vicino alle fanoje, i giochi dei bambini, le chiacchiere degli adulti …
La sera del Venerdì di Passione, che sarebbe il venerdì precedente la Domenica delle Palme, viene predisposto un grande falò davanti alla chiesa della Madonna Addolorata, ma in questa occasione, contrariamente alle altre, è l’unica ad essere allestita in tutto il paese.
La fanoja ha sempre attratto molta gente per il suo fascino.
Fino agli inizi degli anni ‘70, quando ancora era massicciamente in uso la legna per il riscaldamento domestico, ognuno portava un pezzo di legno o una fascina, secondo le proprie disponibilità, ma con l’avvento massiccio del riscaldamento, prima a cherosene e poi con caldaie a gasolio, o con stufe a gas liquido, la tradizione è andata scemando, ma un grosso colpo alla partecipazione popolare alle fanoje e stato dato da “mamma televisione”.
E’ il Comune a provvedere alla legna per la fanoja. Qualche giorno prima della data prefissata, il priore invia una richiesta scritta al sindaco il quale, mediante mezzi di trasporto messi gratuitamente a disposizione, fa scaricare, il venerdì a mezzogiorno, la legna necessaria. Altri cittadini collaborano sia con legna da ardere che con vecchie tavole e pedane in legno. Nel primo pomeriggio un gruppo di giovani si attiva predisponendo la pira, ordinando ed accatastando la legna con un preciso ordine, fino a raggiungere l’altezza di oltre quattro metri.
Alla sommità della fanoja viene posizionata l’immagine della Vergine Addolorata, ma senza nessun intendo di distruggerla o di riferimento profano, ma solo per indicare che la fanoja è stata costruita e accesa in suo onore e devozione.
La fanoja è circondata da migliaia di sammarchesi che si riversano in strada per vederla e per fermarsi anche solo qualche minuto tra i bagliori delle fiamme, magari per una preghiera oppure per chiacchierare un po’. Il fuoco brucia per alcune ore e ancora qualcuno raccoglie la brace o la cenere per devozione, per portarla in campagna in modo da distribuirla sui campi, ma alcune pie donne la raccolgono pure per preparare la liscivia per lavare specialmente i pannolini dei bambini per devozione.
Nel 1948 in via cap. Verri, mentre stava accesa la fanoja di S. Giuseppe, dei ragazzi buttarono delle bombe a mano nella fanoja facendole esplodere e ferendo molte persone, ma il fatto non sembra sia stato denunciato alle autorita di pubblica sicurezza per evitare ripercussioni giudiziarie.
Nel periodo post-bellico circolavano ancora ordigni bellici e c’era chi deteneva illegalmente dei “bengala”, i razzi da segnalazione impiegati dai militari americani, e venivano utilizzati nelle feste per fare luce a mo’ di torce, ma ciò era possibile a condizione che venissero estratte le spolette perchè altrimenti si trasformavano in bombe esplodenti. Il 25 marzo del 1952, festa dell’Annunziata, in via Cristoforo Colombo, la strada de sante Mechèle, stradina perpendicolare a corso Matteotti, una donna, dietro suggerimento di altre, espose al fuoco della fanoja uno di questi ordigni con ancora l’innesco. Purtroppo, com’era inevitabile, il razzo esplose, uccidendo quattro bambini in prima fila e provocando oltre 50 feriti, molti dei quali sono rimasti poi invalidi, compresa l’incauta donna. Dopo questo incidente le fanoje vennero proibite, ma non le fracchje che si continuarono a fare.
Dal 1953 al 1959, le fanoje non sono state fatte a seguito del divieto posto da un’ordinanza del sindaco, e dal successivo Regolamento di polizia urbana che ha proibito l’accensione di fuochi sulle pubbliche vie se non provvisti d’apposita condotta per convogliare i fumi.
Il venerdì precedente la Domenica delle Palme del 1959, un banditore di professione, non si sa da chi incaricato, girò per il paese annunciando che la fanoja dell’Addolorata si sarebbe fatta e, com’era costumanza dell’epoca, a quell’annuncio molte persone senza badare al divieto, incominciarono ad accatastare legna davanti alla chiesa della Madonna Addolorata, e all’imbrunire il falò fu acceso. Da quel momento si sono riprese a fare tutte le fanoje nelle strade e nessuna autorità di pubblica sicurezza cercò di vietarle, mentre vennero sempre perseguiti e multati coloro che accendevano i fuochi all’aperto nelle strade per preparare la conserva di pomodoro.
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Fanoia o fanoja è un termine molto diffuso nell’area meridionale con cui viene designato il falò cerimoniale festivo del tipo stabile a cono. A Castellana si chiamano fanove le enormi cataste di legna di bosco e di ulivo che si accendono la sera dell’11 gennaio, anche se in alcuni comuni vengono chiamate pire o focare.
La denominazione di fanoja e comune in molti centri della Puglia ionica.
L’usanza di accendere falò in vari periodi dell’anno è molto diffusa, spesso però cambia il nome, il combustibile da utilizzare e il modo di accatastare e realizzare la pira.
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- Testo tratto da "La Vergine nella valle di lacrime - Il culto dell' Addolorata a San Marco in Lamis (Volume II°)" di Gabriele Tardio Motolese, Edizioni SMiL s.r.l. San Marco in Lamis, novembre 2004.